Le Lune di Galileo
In una notte di Novembre del 1609, Galileo puntò per la prima volta il suo “occhiale” verso la luna. Era uno dei primi cannocchiali, ancora rudimentale, forse fabbricato da un artigiano fiammingo; Galileo però lo aveva perfezionato, tanto da poter ingrandire il diametro lunare di 14 volte: meno di un telescopio giocattolo di oggi. Con quello riuscì a vedere qualcosa che nessun occhio umano aveva mai potuto osservare. Lui per primo ne fu sbalordito.
Per secoli si era creduto che la luna avesse una superficie liscia e tersa come una palla da biliardo. E che quel corpo celeste, che nelle notti serene di plenilunio rischiara le pianure e le città come un lontano lampione d’argento, fosse fatto di una materia pura e incorruttibile. Lo aveva detto Aristotele, e dopo di lui nessuno si era sognato di metterlo in dubbio. Ma Galileo vede qualcosa che smentisce la fisica aristotelica con la forza dell’osservazione diretta: la luna ha una crosta aspra, rugosa e ineguale, piena di anfratti e sporgenze. Tutte le vecchie credenze erano destinate a crollare. È il primo atto della scienza moderna.
Galileo continuò a osservare la luna per notti e notti, fino a decifrare il disegno di tutte quelle parti luminose e oscure che gli si palesarono attraverso l'”occhiale””.
non solo i confini tra le tenebre e la luce si vedono nella Luna ineguali e sinuosi, ma, ciò che induce maggior meraviglia, nella parte tenebrosa della Luna appaiono moltissime punte lucenti, totalmente divise e staccate dalla regione illuminata
Da osservazioni più volte ripetute di tali macchie fummo tratti alla convinzione che la superficie della Luna non è levigata, uniforme ed esattamente sferica, come gran numero di filosofi credette di essa e degli altri corpi celesti, ma ineguale, scabra e con molte cavità e sporgenze, non diversamente dalla faccia della Terra, variata da catene di monti e profonde valli.
Poiché le macchie oscure e gli orli luminosi prendevano forme diverse con il passare delle ore, Galileo arriva alla conclusione che la luna ha valli e montagne. Sì, proprio come la terra! Le zone oscure non erano altro che ombre, come quelle che sulla Terra i rilievi montani proiettano nelle valli sottostanti quando sono colpite dai raggi obliqui del sole, e mutano al variare della direzione della luce.
I cioccolatini
Pensando allo stupore provato da Galileo quando scoprì le irregolarità della superficie lunare, Carla ha avuto l’idea di rendere omaggio a lui e alle lunghe e numerosi notti passate a osservare il cielo, con un prodotto piacevole e di qualità. Linda e Renata si sono unite con entusiasmo al progetto ed ecco che così sono nate le piccole lune di cioccolato.
Realizzarle non è stato semplice. La difficoltà maggiore l’ha data proprio la superficie lunare. Tanti tentativi, tante vie scartate, prima di riuscire a realizzare uno stampo che ricreasse nel morbido cioccolato gli avvallamenti dei crateri. Alla fine, grazie alla caparbietà di tutte e tre e alla maestria e cura artigianale del locale Laboratorio Cioccolato Argento di Pisa, il risultato è stato raggiunto.
- Carla Benedetti (Università di Pisa)
- Linda Pagli (Università di Pisa)
- Renata Del Carratore (CNR Pisa)
“Volevamo che fossero proprio delle lune, non solo delle squisite palline ricoperte di stagnola con l’effigie del nostro grande concittadino.
Ci piaceva che avessero la superficie rugosa e ineguale della luna così come apparve a Galileo la prima volta che la guardo`, e nel portarle alla bocca si rivivesse la sua stessa meraviglia.”